IL TIRO CON L’ARCO MODERNO
L’arco moderno nasce ufficialmente in Europa a Leopoli, allora città polacca, nel 1931. E in quell’anno che i rappresentanti degli appassionati tiratori nel mondo decidono di dare uniformità alle loro gare, applicando la volontà di sviluppare un regolamento. Nasce in questo modo la FITA (Federazione Internazionale di Tiro con l’Arco).
Questa Federazione rimarrà il punto di riferimento del mondo arcieristico sino a far divenire il tiro con l’arco disciplina olimpica a partire dalle Olimpiadi di Monaco nel 1972.
Da quel momento, gli arcieri si trovano nella necessità di dover colpire un bersaglio posto a 90 m. Tale è la distanza con cui inizia la gara per gli uomini, mentre la distanza massima per le donne e di 70 m. Era, quindi, necessario adeguare la potenza dei propri archi al fine di poter scagliare le frecce a tale distanza sul bersaglio.
Il tiro con l’arco, da puro divertimento o da prova di abilità nelle feste di paese, si trasformò in uno sport vero e proprio, obbligando i suoi praticanti a elevare il proprio tono muscolare e ad affinare le proprie tecniche e i programmi di allenamento.
Gli archi, precedentemente formati da un’unica anima di legno a curvatura unica, con una semplice impugnatura centrale, si trasformano in archi compositi a doppia curvatura. Sono, infatti, formati da materiali diversi come, ad esempio, il legno di acero e la fibra di vetro, mentre, per la parte centrale dell’arco, venivano utilizzate leghe di alluminio e di magnesio pressofuso, sostituite successivamente da alluminio fresato lavorato con frese particolari a conteggio numerico programmate dal computer.
I flettenti, che imprimono potenza all’attrezzo, sono assemblati e incollati in lamine di carbonio e legno, trasmettendo alte doti di velocità, stabilita e robustezza e adattandosi perfettamente alle esigenze di ogni arciere.
Anche le frecce hanno subito con il tempo trasformazioni sostanziali: dall’asta di legno di cedro “inpennata” con penne naturali di tacchino si arriva all’alluminio con rivestimento in carbonio con penne sintetiche, che conferiscono alla freccia quella durezza che consente di utilizzare sezioni minori con maggiore velocità e stabilità.
Anche le corde hanno subito trasformazioni radicali, dalle fibre naturali intrecciate, troppo elastiche e troppo fragili per sopportare lo stress procurato dai flettenti, alle fibre sintetiche in kevlar. Attualmente si usano fibre ancora più resistenti, che rendono la corda in pratica inestensibile, conferendo all’arco una resa ottimale.
Nel 1959 viene organizzata all’Arena civica di Milano la prima gara internazionale e nel 1961 nasce in ltalia la FITARCO (Federazione Italiana di Tiro con l’Arco) 4.
La FITARCO prevede una serie di 3 distinte competizioni denominate: tiro alla Targa, tiro Indoor e tiro di Campagna. Queste competizioni si svolgono rispettivamente in un campo all’aperto, in una palestra o su percorsi accidentati all’aperto.
Descriviamo ora gli ambienti e le modalità di svolgimento di queste competizioni.
Iniziamo dalla gara FITA (competizione olimpica) che viene organizzata su un campo livellato, generalmente su campi di calcio, dove viene allineato già alla massima distanza, un certo numero di battifrecce variabili, secondo il numero dei partecipanti. I bersagli sono posti alle distanze di 90-70-50-30 m per gli uomini e alle distanze di 70-60-50-30 m per le donne.
Le modalità di tiro prevedono una serie di 36 frecce per ogni distanza; il bersaglio avrà un diametro di 122 cm per le lunghe distanze e di 80 cm per le distanze di 50 e di 30 m. Tale bersaglio presenta una serie di cerchi concentrici colorati che corrispondono al valore dei punteggi che vanno dal 10 (giallo) all’1 (bianco).
La suggestione visiva spaziale che deriva dallo scocco della freccia sino al suo impatto sul bersaglio, il gesto tecnico, il coordinamento del caricamento, della mira, l’esigenza di essere concentrati fino al rilascio della freccia, è un’esperienza emozionante e carica di tensione, non solo per gli arcieri, ma per tutti coloro che sono coinvolti in questo sforzo collettivo e singolo del fare centro.
Per provare queste sensazioni, queste devono essere necessariamente vissute.
Il tiro al chiuso (Indoor) si svolge su una distanza di 18 m, oppure di 25 m. Complessivamente si tirano 60 frecce su visuali da 40 cm sulla distanza dei 18 m oppure su visuali da 60 cm sulla distanza dei 25 m. Il punteggio viene valutato come nelle gare FITA.
Le ridotte dimensioni dell’ambiente in cui si gareggia (generalmente palestre per pallacanestro) fanno condensare nello spazio e nel tempo i partecipanti. Il ritmo è molto più serrato rispetto alla gara precedente e la tensione e lo stress sono quasi percepibili dagli spettatori.
La gara di campagna (Hunter e Field), che simula per qualche verso la caccia, viene distribuita in 2 giorni distinti, organizzata su un percorso accidentato e localizzato in aree boschive o di campagna.
Le organizzazioni preposte si preoccupano di montare il percorso precedentemente tracciato, dove si collocano 12 piazzole di tiro per ogni giorno di competizione, oppure 24 piazzole nelle gare internazionali o nei campionati italiani. Le distanze previste per ogni postazione sono quelle indicate dai regolamenti e, comunque, non superano i 60 m per la distanza massima oppure 5 m per la distanza minima, essendo le dimensioni delle visuali rapportate alle distanze suddette. La gara e divisa in 2 parti: nella prima, i bersagli sono posti a distanze sconosciute dagli atleti, mentre nella seconda le distanze dei bersagli sono indicate nel punto di tiro.
La difficoltà del percorso, l’abilita nel valutare le distanze, l’evenienza di gareggiare in condizioni ambientali e meteorologiche non sempre favorevoli, rendono particolarmente faticosa questa competizione, ma il fascino deriva dall’inserimento in ambienti naturali.
In tali condizioni, l’impossibilita apparente di un tiro ripetitivo predispone il tiratore alla singolarità dell’azione, allacciata alla spettacolarità dell’ambiente.
E chiaro che un programma mirato non può prescindere dalla cura della parte atletica del tiratore; conseguentemente, la chiave evolutiva per una solida crescita sta nella ricerca delle abilità e nell’apprendimento tecnico, che si consolida solo attraverso le esperienze.
Nel nostro ordinamento federale sono previsti 3 tipi di divisioni arcieristiche: “Arco Olimpico“, “Arco Nudo” e “Compound“.
Nell’Arco Olimpico e possibile attrezzare il proprio arco con alcuni accorgimenti che permettono di migliorarne la prestazione in stabilità e precisione. Questi sono, ad esempio, gli ammortizzatori di vibrazioni, gli stabilizzatori – che imprimono movimenti inerziali ad eventuali contrazioni muscolari anomale – ed il mirino.
Nell’Arco Nudo, invece, il regolamento vieta all’arciere di attrezzare con i suddetti accorgimenti il proprio arco. Questa disciplina e quella che forse ricorda più di tutte la pratica ancestrale del tiro con l’arco.
Nella divisione arcieristica Compound il regolamento e meno restrittivo e prevede l’utilizzo di una lente di ingrandimento per migliorare la mira.
Oltre all’attrezzatura per l’arco olimpico, gli archi Compound sono dotati alle estremità dei flettenti di una coppia di carrucole che fungono da leve, dimezzando così lo sforzo in fase di mira.
Per quanto concerne le diverse tipologie di gare elencate, vi possono partecipare tutti gli iscritti alla Federazione, cominciando dai ragazzi che hanno compiuto 9 anni, con i giovanissimi, gli allievi e gli juniores, sino ad arrivare ai seniores e ai veterani.
Ogni iscritto ha la possibilità, durante l’anno, attraverso le gare che sono stabilite da un apposito calendario, di accumulare dei punteggi prestabiliti che possono consentire di accedere ai gruppi nazionali, e successivamente di partecipare, attraverso raduni collegiali, a gare internazionali ed eventualmente alle Olimpiadi, (riservate per ora solo alla divisione olimpica).
In questo momento, l’arco è considerato un attrezzo sportivo a tutti gli effetti, ma può diventare uno strumento pericoloso in mano a degli sconsiderati, per ignoranza di alcune regole. Pertanto, essendo il tiro con l’arco un’attività sportiva fondamentalmente coordinativa e non solo di mira, ed essendo possibile praticarla in ogni luogo e a ogni età, in spazi ampi oppure relativamente ridotti, è necessario garantire l’applicazione delle fondamentali norme di sicurezza, insegnate preventivamente con scrupolo durante i corsi di apprendimento obbligatori per chiunque decida di intraprendere questo meraviglioso sport.
L’ATTREZZATURA
L’attrezzatura nel tiro con l’arco è costituita da arco, frecce e accessori. Un po’ più nel dettaglio questii componenti e gli accessori principali di un moderno arciere:
Il riser
Il riser è il corpo centrale dell’arco, la parte che si impugna appoggiando la mano sulla “grip” (impugnatura) quando si tira. Ne esistono di diversi tipi, materiali (legno, alluminio, carbonio) e lunghezze, costruiti anche con diverse tecniche, tra cui la fusione e la fresatura di un blocco di metallo. Negli archi TD (“take down”, smontabili) costituisce il supporto su cui vengono montati i flettenti e il supporto per molti accessori come mirino, bottone, “rest,clicker,stabilizzatore e baffi”.
I flettenti
I due flettenti sono, come dice il nome stesso, la parte dell’arco che si flette, a cui viene agganciata la corda. Sono costruiti in diversi materiali (legno, carbonio, fibra, ceramica). Sono caratterizzati da due parametri, lunghezza e libraggio (la forza con cui la freccia viene scagliata), che variano e vanno scelti in base alle caratteristiche e alle esigenze dell’arciere che li utilizzerà. Negli archi TD costituiscono parti separate da montare sul riser fissandoli a incastro o tramite una vite, negli archi monolitici sono un naturale prolungamento dell’impugnatura.
La corda
La corda può essere composta da filamenti di diverso materiale, in fibre naturali (ad esempio il lino) o sintetiche (ad esempio il fast flight). Nella parte centrale della corda c’è un filamento rinforzato più spesso detto “serving”, dove vengono fissati i punti di incocco che indicano dove va posizionata la freccia. A seconda del tipo di intreccio si distinguono corde di tipo “continuo” e corde di tipo “flemish”. Nelle corde continue i loop (gli anelli tramite i quali la corda mette in tensione l’arco) vengono realizzati allargando i trefoli alle estremità ed avvolgendoli con un serving (in effetti queste corde sono composte da un unico filamento che fa molti giri (12 o più). Nelle flemish invece viene realizzata una impiombatura particolare dei due capi della corda.
Le corde per archi compound non rientrano in queste due categorie, in quanto quasi ogni modello di arco di questo tipo necessita di un particolare set di corde e cavi.
Il rest
Comunemente detto “poggiafrecce”, è fissato al riser (solitamente tramite incollaggio) e, come dice il suo nome, serve da appoggio per la freccia mentre si tira, in modo che la freccia non cada (con possibili conseguenze gravi) e la traiettoria di quest’ultima non venga deviata in partenza.
Il bottone
Formalmente detto “bottone elastico” o “bottone di pressione”, spesso chiamato “Berger Button” dal nome del suo ideatore, è un sistema di ammortizzazione che consente di adattare la flessibilità della freccia all’effettiva forza (libbraggio o peso di trazione) dell’arco. Ne sono in commercio diversi tipi con regolazioni più o meno precise della molla di pressione.v
Il mirino
Il mirino costituisce un sistema di puntamento, regolato a discrezione dell’arciere, a seconda della distanza del bersaglio o delle condizioni di luce e climatiche (per tener conto della direzione e dell’intensità del vento). Ne esistono diversi modelli, a seconda del tipo di arco utilizzato: quelli per arco “ricurvo” (olimpico) hanno misura fissa nel diametro e nella larghezza della diottra, senza lente di ingrandimento, mentre quelli per arco compound hanno una diversa regolazione e lenticolarità della diottra per l’arco (con demoltiplicatori eccentrici della forza dell’arco) e presentano la lente di ingrandimento della diottra e una bolla da livello per meglio allineare l’arco al bersaglio perpendicolarmente al suolo.
Il clicker
Il clicker è una linguetta metallica impiegata nell’arco olimpico che funziona da “motivatore di sgancio e di allungo”, cioè scatta quando nel tendere l’arco si è raggiunta tutta la lunghezza possibile della freccia, garantendo all’arciere un allungo costante. Il suo nome deriva dal “click” che produce quando la punta della freccia esce dalla linguetta metallica e di conseguenza la linguetta scatta indietro, appena prima dello scocco della freccia.
La stabilizzazione
La stabilizzazione è un’asta, in genere di alluminio o carbonio, che serve a limitare le vibrazioni dell’arco in fase di scocco della freccia. Può essere composta da diverse parti: gli archi compound generalmente usano una sola asta centrale, mentre gli archi olimpici solitamente vi aggiungono anche due barre più corte (dette “baffi”) poste lateralmente, inclinate di circa 45° verso l’interno rispetto allo stabilizzatore centrale.
Le frecce
Asta, cocca, punta e impennaggio sono le parti che costituiscono la freccia. L’asta è il corpo, la punta è la parte anteriore che andrà ad impattare sul bersaglio, la cocca è la parte posteriore che si inserisce sulla corda e l’impennaggio è costituito da, solitamente, tre penne con la funzione di stabilizzare il volo della freccia stessa. Così come l’arco, anche la freccia ha subito una trasformazione nel corso degli anni. Dal legno di cedro o di tiglio si è passati alle frecce in alluminio, per poi arrivare a quelle in carbonio e alluminio/carbonio. Si noti comunque che tuttora sono utilizzati tutti i tipi di materiale, a seconda della specialità praticata. Diametro, lunghezza, peso, tipo di impennatura o di punte di freccia da utilizzare sono sempre in relazione al fisico dell’arciere, alla forza dell’arco e al tipo di tiro (Indoor, FITA, Hunter & Field, ecc.). In generale le frecce di diametro maggiore consentono di coprire un’area maggiore sulla visuale (il bersaglio), ma sono più soggette al vento e influenzate da movimenti sbagliati, mentre le frecce più sottili sono più veloci e leggere. Nel tiro FIARC con l’arco “longbow” sono obbligatorie per regolamento le frecce di legno.
La dragona
La dragona (o “dragonne”) è un cordino usato nel tiro olimpico che lega la mano dell’arciere al riser in modo da impedire all’arco di cadere durante l’azione e poter tenere la mano il più rilassata possibile quando si tira evitando in questo modo di imprimere interferenze alla freccia. Ne esistono due tipi principali: quelle che si legano al dito e quelle che si legano al polso.
La patella
La patella (o “tab”) è composta da diversi strati di pelle, cuoio o materiali sintetici. Serve per proteggere le tre dita che tirano la corda dalle abrasioni e dalle microfratture che sono causate dal rilascio. Ne esistono di varie misure, forme e colori; l’ideale è modellarla sulle dita dell’arciere che deve utilizzarla. Per la divisione Arco nudo FITARCO, la patelletta deve essere priva di cuciture, che potrebbero servire di riferimento all’arciere. In alcune specialità alla patelletta si preferisce un tipico guantino in pelle rinforzata, a tre dita (indice, medio, anulare) che consente una maggior rapidità di tiro.
Lo sgancio meccanico
Lo sgancio meccanico è un accessorio utilizzato solo per l’arco compound, utilizzato per rilasciare la corda; di fatto sostituisce la patelletta o il guanto proteggi dita. Le dita dell’arciere non toccano la corda e si eliminano quasi del tutto le possibili interferenze di un rilascio manuale. Ne esistono di diversi colori e tipi, che cambiano radicalmente il modo di rilasciare: ci sono sganci a pressione, a grilletto, a depressione, a rotazione, “back-tension”, tenuti tramite una fascia sul polso o con le dita.
La faretra
La faretra è il contenitore delle frecce da scoccare. Ne esistono tantissimi differenti tipi, di cuoio, di plastica e in tessuto e altri materiali, da schiena o da fianco ed anche da applicare all’arco stesso. Molti arcieri realizzano da soli la propria faretra, altri la personalizzano soltanto, attaccando spille e benemerenze conquistate, o semplici portafortuna. Pur essendoci faretre da fianco o da schiena, come erroneamente si crede vada indossata in quest’ultimo caso, la maniera più corretta sarebbe alla cintura (ovvero nel modo in cui la portano gli arcieri professionisti).Nel Medioevo quando l’arco era un’arma ,nessuno si sarebbe sognato di portare la faretra alla cintura perché avrebbe impedito la mobilità ,cosa importante, all’arciere e di conseguenza avrebbe rallentato la velocità d’estrazione delle frecce.
Le protezioni
Le protezioni che può usare un arciere sono, oltre alla patelletta, parabraccio e paraseno (utilizzato anche dagli uomini). Possono essere costruite in diverso materiale, dal cuoio alla plastica, dal tessuto naturale o sintetico. Servono per proteggere l’arciere dai possibili colpi e dalle possibili abrasioni causate dalla corda durante il rilascio e, soprattutto il paraseno, per garantire alla corda un attrito sempre costante con il corpo dell’arciere, limitando il più possibile le interferenze.